Friday, August 25, 2006

LA TELEGRAFIA VISIVA DAI BABILONESI AL NOVECENTO


In una ricerca di Urbano Cavina

L’Autore di questa interessante pubblicazione, Urbano Gavina, scrittore e radioamatore, può essere considerato uno storico della comunicazione avendo affrontato nella sua lunga attività pubblicistica, argomenti legati alla necessità di comunicare che l’uomo ha sempre avuto fin dagli albori della civiltà. Ma è bene riportare la nota che lo stesso Autore mette in quarta di copertina ***
dal sito www.pescaraonline.net

Nella seconda metà dell'Ottocento con l'affermazione della telegrafia elettrica, le antiche catene di torri segnaletiche furono via via abbandonate. Originariamente usate nell'alto medioevo per spedire segnali, in genere d'allarme, attraverso la combustione di fascine di paglia o di legna, esse con il passare del tempo trovarono una applicazione sempre più complessa, che tuttavia ci costringe ad attendere l'epoca napoleonica per vedere le prime trasmissioni di segnali mediante la moderna telegrafia aerea ad opera dei fratelli Chappe.

Non è semplice allora ricostruire dai resti di queste antiche torri le vecchie linee telegrafiche. Più semplice, invece, è scorgere gli antichi semafori lungo le strade costiere, specie nei loro punti più inoltrati e spesso più elevati, là dove più facilmente si riusciva ad avvistare e comunicare per tempo le frequenti e rapide incursioni della pirateria ottomana che aveva le sue basi nelle vicine coste dell'Albania e del Nord Africa.

La trasformazione di alcune torri costiere in telegrafi marini ad asta, capaci di comunicare con le navi che transitavano sotto costa o, nel migliore dei casi, non oltre l'orizzonte marino, contribuì a mantenerle in vita. Fino a quando, nel primo Novecento, la Telegrafia‑senza‑fili di Marconi, fece il suo ingresso, segnando in modo definitivo il tramonto del sistema di segnalazione a bracci mobili originato dalla Télégraphie aérienne degli Chappe (l'arma segreta che alimentò il mito dell'imbattibilità di Napoleone).

Ricordare che la Grande telegrafia visiva dell'Ottocento, con le sue tecniche e i suoi linguaggi, non è del tutto estranea allo schema scientifico che guida le moderne telecomunicazioni, può servire da stimolo per non dimenticarla. 0 meglio, per riscoprirla senza atteggiamenti di sufficienza, senza preconcetti. Per custodirla con attenzione, come se fosse la vecchia foto da incorniciare e appendere di un'antenata che fila con la rocca. Per sdebitarci ed esserle riconoscente d'avere spianato la strada con la sua semplicità alle radiocomunicazioni odierne.


Urbano Cavina è nato in Romagna, dove vive. Scrive articoli per I' 1stituto di Studi Storici Postali ‑ Prato" e collabora con il mensile "RadioKit Elettronica". Ha scritto Marconisti d'Altomare (C&C 2000) e Onde Radio e telegrafia in mare (Il rostro 2003).

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